Ancora proteste in Serbia

Ancora proteste in Serbia

Le celebrazioni in occasione di San Vito, una delle ricorrenze più importanti per i serbi, quest’anno hanno assunto contorni particolari poiché nel paese la situazione politica è decisamente instabile e lo è da ormai 6 mesi. Le proteste studentesche, iniziate a novembre scorso a seguito dell’incidente alla stazione ferroviaria di Novi Sad, continuano senza sosta e per San Vito, il 28 giugno, gli studenti sono tornati in piazza bloccando la città per molte ore.

 

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Il numero di persone scese in piazza per l’evento è dubbio, secondo l’Archivio pubblico erano almeno 140.000, secondo la Polizia invece solo 36.000. La realtà sembra essere più vicina alla cifra resa pubblica dall’Archivio. Sebbene l’intento di gran parte delle persone presenti era totalmente pacifico ci sono stati scontri con le Forze dell’Ordine. Secondo il Ministero degli Interni sono 77 le persone arrestate e 44 gli agenti feriti. Per disperdere la folla la Polizia ha utilizzato gas lacrimogeni e caricato più volte la folla anche con le stesse camionette. Sulle responsabilità degli scontri c’è stato un rimbalzo di accuse tra i manifestanti e le autorità di governo. Durante la manifestazione gli studenti hanno ribadito la richiesta di elezioni anticipate, l’unico modo per liberare il paese “dalla corruzione in cui si è impelagato”. Hanno anche ufficializzato la creazione di una lista elettorale, lontana dai partiti e pronta a rappresentare gli studenti e in generale i manifestanti anche alle elezioni nazionali. Secondo dati pubblicati dal governo la lista al momento avrebbe circa il 5,6% dei voti.

 

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La repressione del movimento studentesco non passa solo dal lavoro delle Forze dell’Ordine. Nei primi giorni di marzo è infatti nato un gruppo di studenti che si oppongono alle manifestazioni e che chiedono la ripresa delle lezioni universitarie.

Sono stati denominati “Studenti 2.0”, hanno scelto come base il Pionirski Park (Parco dei Pionieri) a Belgrado, ma sulla loro nascita e sulla loro composizione effettiva i dubbi sono molteplici. Sono infatti considerati quasi unanimemente come un gruppo formato artificialmente dal governo per contrastare le proteste studentesche. Tra gli “Studenti 2.0” sono presenti persone di tutte le età, soprattutto uomini adulti e sono sospettati di ricevere ordini e anche compensi economici dallo stesso partito del presidente Aleksandar Vucic, il Partito Progressista Serbo (SNS). Oltre a lavoratori statali o semplici sostenitori o affiliati all’SNS, sono presenti anche veterani dell’esercito Jugoslavo (JSO), ex militari che hanno partecipato alla guerra genocida durante gli anni Novanta. Le loro richieste formali sono di poter riprendere le lezioni universitarie e gli esami per garantire in modo continuativo il diritto allo studio, ma soprattutto interrompere le proteste studentesche in corso.

Le prossime elezioni nazionali sarebbero previste per il 2027, ma a marzo scorso il paese ha già vissuto una crisi di governo proprio a seguito dei tragici fatti di Novi Sad. Il primo ministro designato dal presidente è Djuro Macut, endocrinologo di fama internazionale e politicamente molto vicino allo stesso Vucic. Macut risulta infatti tra i fondatori del Movimento Popolare per lo Stato (NPZD), una forza politica promossa dallo stesso presidente. Anche la scelta dei ministri ha confermato come Macut sia una scelta decisamente “conservatrice”: dei 30 ministri scelti solo otto sono effettivamente nuovi, gli altri facevano già parte dell’amministrazione precedente.

Ancora colpevolmente assente sulla questione l’Unione Europea la quale fatica ad esprimersi sulle proteste di piazza e per motivi strettamente economici continua ad “assolvere” il regime di Vucic. A poco sono serviti anche i diversi tentativi di portare in Europa la questione serba: a metà aprile 80 studenti sono partiti in bicicletta da Novi Sad per raggiungere Strasburgo. Un viaggio di circa 1400 km con l’obbiettivo di denunciare al Consiglio d’Europa gli abusi di potere che violano la democrazia e lo stato di diritto in Serbia. Poco tempo dopo altri 21 ragazzi sono partiti, a corsa questa volta, sempre da Novi Sad per raggiungere Bruxelles entro il 12 maggio, data in cui si sarebbe riunita la sessione del Parlamento Europeo. Una maratona di quasi 2000 km in cui gli studenti hanno attraversato Croazia, Ungheria, Austria e Germania ricevendo in goni paese il supporto e la vicinanza della popolazione locale. Gesti di solidarietà trans nazionali non sono mai da sottovalutare poiché possibili sintomi di un cambio generazionale nell’approccio alla politica.

Il processo di adesione di Belgrado all’UE è fermo, ma i temi messi sul tavolo sono l’appoggio all’Ucraina e la normalizzazione dei rapporti col Kosovo. Entrambi temi di fondamentale importanza, ma che potrebbero essere affrontanti con maggiore consapevolezza all’interno di una Serbia maggiormente democratica e meno danneggiata dalla corruzione.

Sebbene Vucic al termine della giornata abbia subito festeggiato l’intervento della Polizia raccontandolo come “una vittoria per la Serbia” la situazione resta molto tesa e tutt’altro che risolta. Il movimento di protesta nato a novembre scorso non vuole scendere a patti con i partiti di governo i quali sono accusati di aver “impantanato il paese nella corruzione”. Dopo un breve periodo di relativa calma le “blokade”, le manifestazioni e i sit-in che bloccano per molte ore intere città, sono riprese e la scelta del giorno non è assolutamente casuale.

Per San Vito o “Vidovdan” infatti a Gazimestan, in Kosovo, ogni anno si svolgono manifestazioni e celebrazioni in ricordo della battaglia della Piana dei Merli o Kosovo Polje combattuta quello stesso giorno nel 1389. Per i serbi dal punto di vista militare fu una grande sconfitta contro gli Ottomani, ma l’evento, con annessa la morte del principe e santo Lazar Hrebeljanović, è poi diventato, soprattutto dalla fine del Novecento, un simbolo di coraggio ed eroismo del popolo serbo. Slobodan Milosevic, uno dei fautori dell’ultimo conflitto esploso nella ex Jugoslavia, tenne proprio a Gazimestan il suo discorso più celebre a favore del folle progetto di una “Grande Serbia”. Un appuntamento quindi che unisce l’aspetto religioso a quello politico. Un mix perfetto per esaltare tutte quei valori e quelle idee alla base del nazionalismo serbo. Decidere di tornare a manifestare con ancora maggiore intensità proprio per questa ricorrenza è un chiaro segnale ai partiti di governo, quei movimenti politici che da quelle idee e quei sentimenti nazionalisti prendono consenso e voti.

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