Non solo terre rare: la corsa della Russia all’uranio della Namibia

Non solo terre rare: la corsa della Russia all’uranio della Namibia

La Namibia, il secondo produttore al mondo di uranio, è oggetto delle mire economiche di Rosatom, il colosso pubblico russo che si occupa di energia nucleare e di estrazioni. Quest’ultima punta a costruire vicino al villaggio di
Leonardville (nella parte orientale del Paese) una miniera perché nel sottosuolo si è scoperto, da ormai quattordici anni, il settimo giacimento al mondo di uranio. Mosca prova da molti anni ad avviare il progetto, ma la resistenza
dei cittadini e di alcuni esponenti del governo per ora ha fermato i lavori.

Leonardville, un villaggio che vive di agricoltura e allevamento di sussistenza si trova 386 km a est
da Windhoek, la capitale, nella regione di Omaheke che è l’area meno popolosa e più povera della
Namibia (si stima che il 51% degli abitanti di quest’area sia al di sotto della soglia di povertà). Tuttavia, nel sottosuolo di
Leonardville si trova la più grande falda acquifera del mondo, che disseta migliaia di persone ed è la
linfa vitale del deserto del Kalahari, il quale si estende tra la Namibia orientale, il Botswana e il Sudafrica.
Ma l’acqua non è l’unica ricchezza di questo villaggio. Rosatom, la più grande azienda al mondo in materia di costruzione e gestione di centrali nucleari in giro per il mondo, ha puntato da anni i giacimenti di uranio che qui si trovano.

La regione di Omaheke soffre grossi problemi di occupazione e il tasso di tossicodipendenza e alcolismo tra i giovani è preoccupante. In questo territorio nel 2022 sono morte 800 persone di malnutrizione e nel 2023 si contano almeno 45 bambini deceduti per le stesse cause. La guerra in Ucraina ha giocato un ruolo importante nell’impoverimento di Omaheke, provocando un aumento dei prezzi dei beni di prima necessità. Inoltre, il tasso di criminalità è in aumento da anni. A causa dei magri investimenti dello stato sulla regione, a Omaheke non arrivano le ambulanze né tantomeno la polizia, spesso
chiamata per violenze di tutti i tipi, soprattutto violenze domestiche. A questi gravi problemi si
aggiunge anche la siccità che ha obbligato la Namibia, nel 2022, a proclamare il secondo stato di
emergenza nel giro di pochi anni, e che ha portato anche all’abbattimento di molti capi di bestiame
per evitare l’inedia della popolazione. Il progetto di Rosatom potrebbe portare a un incremento della
ricchezza nella regione, ma comporta un rischio grave per la salute degli abitanti perché la più grande
falda acquifera della Namibia rischia di essere inquinata durante il processo di estrazione dell’uranio.

Rosatom, sin dal 2010, ha iniziato un rapporto di collaborazione con la Namibia per creare una
miniera di uranio nella parte orientale del paese, in prossimità del giacimento  di
Leonardville. L’obiettivo è investire circa un miliardo di dollari che potrebbe portare, secondo le previsioni
dell’azienda, a una crescita dell’economia del paese dell’1/2% annuo, con la creazione di 600 posti
di lavoro e la nascita di posti di lavoro secondari legati alla costruzione degli impianti. Il nodo resta
però la falda acquifera. Headspring Investiments, un’azienda collegata a Rosatom, nel 2011 ha
proposto di utilizzare un controverso sistema di estrazione dell’uranio, conosciuto come lisciviazione
in situ, che consiste nell’immettere acido solforico nel sottosuolo per diluire i minerali presenti e, una volta pompato il liquido in superficie, procedere alla separazione dell’uranio dai materiali di scarto.
L’acido solforico però può contaminare la grande falda acquifera che gli abitanti utilizzano sia per
dissetarsi sia per innaffiare il raccolto e dissetare il bestiame. Di conseguenza anche il deserto del
Kalahari, il sesto deserto più grande del mondo, rischia di essere inquinato, comportando dei danni
irreparabili alla flora e alla fauna. Questo processo di estrazione è già da tempo utilizzato in Australia,
ma mai in prossimità di falde acquifere.
Nel 2017 il governo namibiano ha vietato l’estrazione dell’uranio, dopo un via libera iniziale, in
seguito alle proteste di una parte della popolazione contraria alla creazione della miniera. Van Rooyne,
vicedirettore della comunicazione strategica e della gestione della reputazione di Uranium One,
azienda che fa parte di Rosatom, ha dichiarato che l’acido solforico non è un problema per la falda
perché ha visto un agricoltore namibiano utilizzarlo nei campi. Van Rooyne è già assurto agli onori
di cronaca per essere stato cacciato da Bank Windhoek per aver paragonato le persone nere a delle
scimmie.

La Namibia è dal 2021 il secondo produttore di uranio al mondo, dietro al Kazakhistan. Infatti,
nella parte occidentale del paese, insiste la miniera di Rossing che, per il 69%, è posseduta dalla China National Uranium Corporation (CNNC), comprata nel 2018 da Rio Tinto, multinazionale britannico-australiana di estrazione mineraria, che aveva aperto la miniera in Namibia nel 1976. La miniera si trova a 66 km da Swakopmund, la città più ricca della Namibia. I lavoratori namibiani della miniera sono stati rimpiazzati da quelli cinesi, più economici e più facili da licenziare, bloccando la crescita
economica del paese africano. La CNNC possiede anche la miniera di Husab, 5 km più a sud, che nei
prossimi anni supererà la Rossing per quantità di uranio estratto.

A Swakopmund, il livello di particolato molecolare (PM) nell’aria si attesta a 2.5. Questa sostanza
provoca tumori che sono molto in crescita nel paese. Anche il terzo presidente namibiano è morto di
tumore. Gli abitanti temendo che l’uranio contamini l’acqua del sottosuolo, hanno installato tre livelli
di filtro per rendere l’acqua che bevono il più pulita possibile. Secondo il laboratorio contattato dai
reporter di Al Jazeera, l’acqua di Swakopmund contiene uranio. Nonostante abbiano provato a fare
esaminare l’acqua di Leonardville, il laboratorio contattato, Analabs, a Windhoek, ha eliminato i
campioni. Analabs, infatti, appartiene a Roland Enke, un proprietario terriero che ha permesso a
Rosatom di usare la propria terra agricola, e che ha acquistato la società da qualche mese.

Il 27 novembre del 2024 in Namibia si sono tenute le elezioni presidenziali. Dopo l’indipendenza dal Sudafrica
ottenuta nel 1990, è rimasto al governo lo stesso partito. Si tratta di un copione ricorrente nei vari
paesi africani e, anche questa volta, i risultati hanno dato ragione al partito di governo che ha
proclamato la vittoria di Netumbo Nandi-Ndaitwah, la prima presidentessa donna della Namibia,
ufficialmente eletta il 3 dicembre di quest’anno in seguito ad alcune proteste legate alle difficoltà
emerse per esercitare il diritto di voto. Alla fine, ha mantenuto il potere il partito già di governo che,
in ottica del giacimento di Leonardville, sembra propenso a concedere la costruzione della miniera e
l’estrazione di uranio. La Russia, dopo anni di regali e laute offerte agli esponenti dei
vari governi e della popolazione namibiana, viene tacciata, da osservatori internazionali e interni al
paese, di favoritismi atti a influenzare le scelte sul futuro della miniera. Queste teorie vengono
smentite da Rosatom che rivendica il proprio trasparente desiderio, con quelle donazioni, di aiutare
un popolo in difficoltà piuttosto che profittarsi della situazione. Gli abitanti della Namibia sono divisi:
da una parte c’è chi critica la scelta di costruire la miniera perché incide inevitabilmente sulla salute
degli abitanti, dall’altra c’è chi pensa che sia più importante, con la miniera, dare posti di lavoro e un
futuro ai giovani namibiani.

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