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Un’inedita Fedra in scena a Siracusa
Un’inedita Fedra in scena a Siracusa

Ieri sera a Siracusa abbiamo visto una Fedra di Seneca di nuovo genere. Andrà in scena a Roma dal 21 al 23 luglio presso le Terme di Diocleziano (Museo Nazionale Romano). Segnate queste date nelle vostre agende!

Fedra è ovviamente una tragedia antica, ma in questa rappresentazione la vediamo in chiave assolutamente contemporanea, con un’estetica d’avanguardia -ed è questo il successo della produzione- ma nel totale rispetto del testo e delle intenzioni originarie di Seneca. Nata in Grecia da un rito sacrificale che consiste nel fare incarnare ad un personaggio tutte le colpe di una comunità, per la quale soffre e rinasce, santificato, purificato, la tragedia antica si basa così su la catarsi. Ippolito infatti, rinasce attraverso il suo stesso funerale ma solo dopo averci rivelato quanto la tragedia di Seneca sia un luogo di sovversione e libertà assoluta, di scorrettezza politica che fa interrogare ed inorridire ma soprattutto ci permette finalmente di interrogarsi.

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Quando Platone ed Eschilo si erano recati a Siracusa, il teatro era già un’arte totale: un’insieme di cori, canti solisti, coreografie, scenografie e costumi. Il teatro antico non era né più né meno dell’attuale opera lirica. Nella cultura romana questo stesso teatro lirico appartiene al tempo dei ludi e dell’otium. Ma non aveva lo stesso valore religioso che invece presentava per i Greci. Il teatro greco era infatti di natura agonistica, mentre il teatro romano è puramente ludico.

Fedra di Seneca raggiunge gli estremi, lì dove neanche Euripide era arrivato. Il marito Teseo lascia Fedra per spingersi negli inferi e ritrovare il suo amante (e non amico) Piritoo. Lasciata a se stessa, Fedra si innamora di Ippolito, figlio di Teseo e della defunta Antiope. Fedra confessa al giovane Ippolito la sua vietata e sofferta passione ed il giovane, compresa la situazione si ribella con tale violenza da essere tentato di sgozzare la sua matrigna. La Nutrice convince Fedra a mentire al ritorno di Teseo ed accusare Ippolito di aver tentato di violentarla. Di ritorno dall’inferno, Teseo in preda all’ira, chiede a suo padre Nettuno di creare un mostro marino destinato ad uccidere il figlio Ippolito e vendicare l’oltraggio alla moglie. Quando raccontano a Teseo la morte e lo smembramento di suo figlio con dolore atroce, Fedra confessa la verità: ha mentito. Ippolito era innocente. Fedra si suicida in scena e Teseo, dopo aver reso gli onori funebri a suo figlio, si condanna al ritorno eterno agli inferi.

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Rispetto ad altri autori che hanno trattato lo stesso argomento, nella Fedra di Seneca compaiono tre differenze essenziali che ne fanno sicuramente la versione più impressionante: Teseo discende agli inferi per il suo amore omosessuale, la morte di Ippolito è estremamente cruenta ed è a lungo descritta dal messaggero, e infine Fedra si suicida in scena. Come sappiamo, la tragedia latina differisce da quella greca per il concetto di nefas, l’atto sacrilego che fa emergere il personaggio dalla sua umanità. Nella Fedra di Seneca abbiamo tre nefas: Fedra confessa il suo amore incestuoso a Ippolito, Teseo condanna a morte suo figlio, e il Fedra si suicida.

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Nella sua nota di regia, Lexa scrive: ‘’Una tradizione accademica ormai superata diceva che le tragedie di Seneca non erano state scritte per essere recitate ma per essere lette. La nostra Fedra dimostra il contrario. Ho fatto lavorare i 18 attori sui concetti chiave dei drammi di Seneca: dolor, furor e nefas. Il corpo e la musica di questo teatro non vanno trattati in modo realistico perché il linguaggio e le situazioni non lo sono. È solo allontanandoci dalla sciocca tentazione di creare parallelismi con la psicologia della vita quotidiana di oggi che possiamo trascendere questo teatro. Il punto in comune tra l’opera filosofica di Seneca e il suo teatro sono le sentenze che denunciano le passioni (sententiis). Ho identificato queste battute-sentenze in Fedra per farle interpretare dagli attori in una certa azione del dire, liberandoli da qualsiasi intenzione psicologica di primo grado. Quando le pronuncino, sono vittime di ciò che dicono ed escono dalla loro umanità. Il lavoro sui tappeti sonori ci ha aiutato in questo senso. Un ultimo concetto ha guidato il nostro lavoro: quello dell’ossimoro che, associando due elementi antinomici, crea un terzo significato al limite della ragione. Ci siamo quindi basati su una serie di dualismi che portano a una ‘’realtà aumentata”: storico/contemporaneo, tensione/distensione, parola/silenzio, visibile/invisibile, ombra/luce, movimento/immobilità. Per queste tre ultime dualità, ho creato una scenografia composta da grandi pannelli mobili ricoperti di specchi. Questi consentono cambi di scene a vista. Gli attori stessi muovono i pannelli in modo da creare spazi diversi per ogni scena: il magistrale ingresso del palazzo di Atene, delle stanze adiacenti, delle chiusure e aperture geometriche che creano spazi di recitazione costantemente rinnovati, permettendo ai personaggi di giocare con le loro riflessioni nei specchi.”

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Frutto dei contrasti dinamici fatti lavorando sul testo, il canto, i comportamenti dei corpi, gli effetti sonori, la potente musica elettronica (anche questa firmata da Lexa), le coreografie esplosive di Dario La Ferla ed i costumi preparati da Marcella Salvo danno l’impressione di un Seneca mai visto prima. Per affidare i ruoli ai 18 attori dell’ultimo ciclo dell’Accademia del Dramma Antico, Olivier Lexa ha reso omaggio alla magnifica traduzione di Maurizio Bettini: ha affidato il ruolo della Nutrice a cinque attrici e quello del Messaggero a sei attori. Lexa ha poi diviso i cori in gruppi irregolari e vari. Nel ruolo della protagonista, Valentina Corrao non è semplicemente bella, ma con il suo sguardo ammaliante, la potenza espressiva illimitata, le sue irresistibili capacità emotive e le sue espressioni corporee ci fanno arrendere all’evidenza: le si apre davanti una grande carriera. Stesso destino per Matteo Magatti che impersona Ippolito. Apre lo spettacolo con una doppia esibizione: inizia con un’inquietante assolo danzato, seguito poi da un monologo recitato in crescendo della durata di 5 minuti. Anche Magatti svela la gamma di tutte le sfumature di cui è capace, dalla fragilità delle lacrime ad una potenza espressiva formidabile. Non per ultimo Teseo, incarnato da Gabriele Crisafulli che tiene per mano il pubblico e lo fa tremare con la sua forza. Un’intensità che raramente si vede in un giovane attore, Crisafulli sembra lasciare il cuore sul palcoscenico.

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Ognuno degli attori ci ricorda che il testo che interpretano ha uno spazio al di là della loro persona. Siamo in presenza di un teatro di espressione non individuale, non egocentrica, non psicologica: i personaggi raramente dicono “io”. A differenza del coro greco, quello di Seneca non dialoga con gli attori: si tiene a distanza dall’azione. È proprio in questi cori che si rivela il talento del regista Olivier Lexa, che è stato capace di creare delle scene straordinariamente vivaci e fantasiose. La sua direzione degli attori cerca raramente la naturalezza, e quando la incontra viene usata solo per essere contrastata da un lungo silenzio, un cambio di dinamica, di ritmo, di sfumatura, di timbro della voce. Ci ricorda che l’ornamento vocale era richiesto da Cicerone nei suoi trattati retorici. Con la sua Fedra, Olivier Lexa ci mette davanti a un teatro della possessione. Le passioni sono ataviche, i personaggi sono vittime e non colpevoli. Il regista crea così un mondo di profondità e di segretezza, di fantasmi, di un passato sommerso; non ha nulla a che vedere con la psicologia inconscia, naturalistica o verista. Il grido fa uscire il personaggio della sua umanità. Il corpo è il luogo di passaggio da un mondo all’altro. Non siamo lontani dal concetto di vudù e dai rituali sciamanici. Pensiamo ai teatri indiani, giapponesi o cinesi: siamo così lontani dal facile realismo e dal tentativo, spesso fallito, di immedesimazione nel personaggio che la maggior parte dei registi italiani ricercano oggi.

Ci viene segnalato che prima delle recite romane di questa Fedra alle Terme di Diocleziano (21-23 luglio 2022), si terrà a Palazzo Massimo (Museo Nazionale Romano) un convegno guidato da Maurizio Bettini, traduttore del testo ed immenso antropologo del mondo antico. Attendiamo dunque che Seneca torni sui palchi italiani! Aspettiamo con impazienza un nuovo Tieste, un nuovo Edipo ed una nuova Medea del calibro di questa indimenticabile Fedra.

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