Una recentissima inchiesta di The Source Material in collaborazione col Guardian ha svelato i progetti delle grandi big tech, Amazon, Google e Microsoft sopra tutti, che prevedono l’estrazione di acqua dalle aree più aride del mondo per la costruzione di data center. I giganti datacenter ora più che mai necessari all’addestramento dell’intelligenza artificiale hanno bisogno di acqua per il raffreddamento e si prevede che aumenteranno del 78% nei prossimi anni. Secondo l’inchiesta, nel 2023 Microsoft ha dichiarato che il 42% della sua acqua proveniva da “aree con stress idrico”, mentre Google ha affermato che il 15% del suo consumo idrico proveniva da aree con “elevata scarsità d’acqua”.
Dopo oro, petrolio e litio per le batterie, il mondo è alla ricerca di acqua, una risorsa fondamentale all’uomo e all’ecosistema in cui vive. Un bene prezioso che va salvaguardato da inquinamento, sfruttamento eccessivo, cambiamenti climatici, agricoltura intensiva e sviluppo urbano. Diventa importante il monitoraggio della qualità dei corpi idrici presenti sul territorio, come fiumi, laghi e falde acquifere che sono fonte di approvigionamento.
Qual è lo stato di salute dell’acqua in Italia? Il 75% dei corpi idrici e il 57% delle falde sono in buono stato chimico e il 61% in buono stato quantitativo secondo i dati raccolti dalle agenzie ARPA e APPA per l’Ispra e trasmessi alla Commissione Europea. Gli agenti inquinanti presenti sono soprattutto batteriologici con presenze nei limiti anche di sostanze chimiche come arsenico e nichel. «Si raggiunge un Buono Stato Chimico quando le concentrazioni di 45 sostanze prioritarie, così definite a livello europeo, restano al di sotto degli standard di qualità ambientale (SQA) stabiliti dalla Direttiva 2013/39/UE» (fonte Ispra).
Il vero allarme riguarda i periodi sempre più frequenti di siccità che confermano, ormai da tempo, un processo di desertificazione in atto nel nostro Paese. Analizzando il trend di siccità estrema, secondo lo Standardized Precipitation Index (SPI), in Italia si registra un aumento significativo nell’ultimo trentennio 1991-2020 e nell’anno 2022 è stato raggiunto il minimo storico di risorse idriche rinnovabili dal 1951 ad oggi. Secondo il Centro Nazionale di Ricerca (CNR) “oggi questo fenomeno coinvolge circa il 20% del territorio nazionale con un picco del 70% per quanto riguarda la Sicilia” (fonte Ispi)
La siccità nel Mezzogiorno è un problema anche strutturale: carenza di depuratori, inefficienze dei sistemi fognari, inadeguatezza delle dighe. Le reti idriche nazionali sono inefficienti e sprecano 4,5 miliardi di metri cubi di acqua potabile all’anno, di cui la sola Sicilia spreca il 50,5% dell’acqua immessa in rete, numeri che consegnano agli italiani il titolo di campioni d’Europa di spreco. Non si parla solo di manutenzione ma di interventi strutturali: «in Italia il sistema fognario è assente in 40 comuni e il servizio di depurazione è assente in 339 comuni, di cui il 66,4% al Sud e in particolare in Sicilia e Calabria» (fonte Istat).
Il cambiamento climatico deve prepararci a una nuova realtà caratterizzata dalla riduzione delle risorse idriche rinnovabili a disposizione per via della siccità. Ne deriva una nuova attenzione al fabbisogno di acqua potabile, per le reti domestiche, alla riduzione degli sprechi nelle connessioni idriche e la necessità di cambiare modelli di agricoltura industriale verso un’agroecologia, come sostenuto dal WWF, una rivoluzione verde basata su biodiversità, sostenibilità, riduzione di inquinamento delle acque e riduzione dei gas serra.
Per la riduzione del fabbisogno di acqua in agricoltura che oggi utilizza il 60% delle risorse disponibili il WWF presenta 5 proposte. Stop fossili ora: abbattere rapidamente le emissioni di gas climalteranti. Rivedere le concessioni idriche: dare priorità agli usi idropotabili, all’agricoltura e all’ambiente. Ridurre il consumo di suolo: promuovere azioni di recupero e ripristino ambientale. Rinaturalizzare i fiumi e la rete idrica superficiale: ripristinare le fasce ripariali e le zone umide. Promuovere l’agroecologia: ridurre la dipendenza dall’acqua della nostra agricoltura (fonte WWF).
La gestione di una risorsa naturale come l’acqua, ormai definibile oro blu, è un tema presente in tutte le agende degli Stati nelle Nazioni Unite considerato che almeno il 50% della popolazione del pianeta, 4 miliardi di persone, devono fare i conti con la carenza di acqua almeno un mese all’anno. La coordinatrice del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), ha dichiarato che «le soluzioni sono a portata di mano […] abbiamo bisogno di un pensiero innovativo, di un maggiore impegno e collaborazione politica e di maggiori finanziamenti, in modo che quando si tratta di acqua, nessuno venga lasciato indietro» (Leticia Carvalho).
Durante la Giornata mondiale dell’acqua si è discusso delle 7 soluzioni proposte dai Paesi delle Nazioni Unite che ogni Stato e i singoli cittadini possono attuare per arginare le carenze idriche. Proteggere e ripristinare gli spazi naturali dei bacini idrici. Usare l’acqua in modo più efficiente con la coltura idroponica in agricoltura. Affrontare le perdite d’acqua per infrastrutture ed edifici. Sfruttare fonti d’acqua non convenzionali come acqua piovana e desalinizzazione. Tracciare la qualità dell’acqua per ripulire fonti idriche. Gestione intelligente dell’acqua con politiche di limitazione. Approcci integrati nel processo decisionale con piani di azione multisettoriali. (fonte Nazioni Unite).
Come possiamo combattere la scarsità idrica in Italia? Il settore più colpito da questo fenomeno è l’agricoltura, un comparto non trascurabile per la nostra economia. In Medio Oriente, per questioni geografiche e idrogeologiche, hanno seguito la soluzione della desalinizzazione, così come la Spagna in Europa. Il nostro Paese si sta muovendo in questa direzione dopo il Decreto siccità (DL 39/2023), convertito in legge, che «ha introdotto specifiche norme per il contrasto alla crisi idrica semplificando, tra l’altro l’iter per la realizzazione degli impianti di desalinizzazione» (fonte MASE GOV).
Il processo di desalinizzazione consente di trasformare le acque marine e salmastre in acqua a basso contenuto di sali sia per fini civili che produttivi. Permetterebbe inoltre di sostituire il sistema di approvigionamento tramite navi cisterna che comporta costi elevati e criticità di trasporto, ricudendo le perdite idriche, tallone d’achille del nostro Paese. I dissalatori sono presenti in piccola parte sul terrirorio nazionale ma risulta “non funzionante la stragrande maggioranza (80%) dei circa 40 dissalatori attualmente presenti tra Toscana, Lazio, Puglia, Sicilia e Sardegna, tutti di taglia medio-piccola” (fonte Corriere della Sera).
Una soluzione innovativa e necessaria a una penisola come l’Italia per cui occorre però un’attenta analisi costi/benefici perché non si tratta di un processo a impatto zero. Con le nuove tecnologie, come l’osmosi inversa di nuova generazione, possiamo oggi risparmiare energia e ridurre gli scarti. La priorità resta salvaguardare l’ecosistema marino dall’inquinamento prodotto dai “processi di trattamento, disinfezione, rimineralizzazione delle acque nonché stoccaggio e distribuzione” (fonte MASE GOV).
Quando un evento sfugge alle previsioni, al monitoraggio, alle politiche decise da un Governo, non possiamo che trattarlo in situazione emergenziale, limitandone i danni e gestendo la crisi. Un Paese come in nostro è stato abituato, per via del proprio dissesto idrogeologico, a ragionare in questi termini. Quando però abbiamo numeri e stime di un trend preciso che evidenzia un problema radicale, come la crisi idrica nazionale, questa non può essere trattata alla stregua di un’emergenza bensì come una politica strutturale da programmare mettere in atto per il nostro futuro.
Emiliano Prisco