Purché sia lavoro

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Precario, a tempo, distante, in somministrazione. Meloni gongola: il sindacato è assente

La conferenza stampa del Consiglio dei Ministri del 1 maggio 2023 è stata in realtà un cortometraggio. La regia è stata affidata a chi si occupa dei social media della Presidente del Consiglio, ma l’occhio vigile a supervisionare il tutto è stato (con tutta evidenza) quello di Mario Sechi, in passato direttore di “Unione Sarda, “Tempo” e “Agi”, ora capo dell’ufficio stampa della Presidenza del Consiglio.

Reddito di cittadinanza: addio acronimi, ecco l’assegno

Tempo fa, non troppo a dir la verità, attraverso questo giornale digitale davamo conto delle modificazioni che avrebbe subìto la norma denominata “reddito di cittadinanza” (e che “infiniti addusse lutti agli Achei”) in favore di una tripartizione del beneficio: Gil, Pal, Gal. È bastato un soffio di vento per far voltar pagina al Governo. Anche quegli acronimi sembrano essere “transeunti”.

«Come avevamo promesso – afferma nel video la Presidente del Consiglio – distinguiamo chi può lavorare da chi non può farlo: confermiamo e miglioriamo il sostegno per chi non può lavorare, cioè: per le famiglie in difficoltà che hanno al loro interno un minore, un anziano o un disabile». Ma (c’è sempre, d’altra parte) «chi può lavorare viene inserito in un percorso di formazione al lavoro, con un rimborso spese» nel periodo in cui si forma e con «incentivi importanti» per chi lo dovesse assumere. Il congiuntivo imperfetto assume qui l’aria di un velato periodo ipotetico tutto volto a riaffermare la validità della propria impostazione, vien da sé pensarlo.

Stando al comunicato stampa pubblicato al termine del Consiglio dei Ministri, si legge: «Dal 1° gennaio 2024, si introduce una misura nazionale di contrasto alla povertà, che consiste in una integrazione al reddito in favore dei nuclei familiari che comprendano una persona con disabilità, un minorenne o un ultra-sessantenne e che siano in possesso di determinati requisiti, relativi alla cittadinanza o all’autorizzazione al soggiorno del richiedente, alla durata della residenza in Italia e alle condizioni economiche». Via l’alternativa tripartita, c’è l’assegno che sarà mensile «di importo non inferiore a 480 euro all’anno esenti dall’IRPEF» e che sarà erogato dall’INPS attraverso uno «strumento di pagamento elettronico, per un periodo massimo di 18 mesi continuativi, con la possibilità di un rinnovo per ulteriori 12 mesi». L’erogazione sarà, ad ogni modo, vincolata ad una sottoscrizione di un patto che viene definito di «attivazione digitale» per cui il «nucleo beneficiario dovrà presentarsi con cadenza trimestrale presso patronato, o servizi sociali e centri per l’impiego, al fine di aggiornare la propria posizione».

Lavoro sì, “ma”.

Se nel video Meloni parla di formazione dei lavoratori, per cui verrà riconosciuto loro un rimborso spese relativo alla fase “d’apprendimento” della posizione lavorativa, la Presidente omette di citare (per esigenze “televisive”?) quello che il comunicato precisa relativamente ai soggetti occupabili: «è prevista la decadenza dal beneficio nel caso di rifiuto di una offerta di lavoro a tempo pieno o parziale, non inferiore al 60 per cento dell’orario a tempo pieno e con una retribuzione non inferiore ai minimi salariali previsti dai contratti collettivi e che sia, alternativamente: 1) a tempo indeterminato, su tutto il territorio nazionale; 2) a tempo determinato, anche in somministrazione, se il luogo di lavoro non dista oltre 80 km dal domicilio».

Sulle problematiche legate ai contratti in somministrazione erogati da quelle che comunemente sono denominate agenzie interinali esiste una vasta bibliografia ma qui ci limiteremo a constatare la complicazione ulteriore che va a interporre il Governo, a seguito del provvedimento in oggetto, tra lavoratore (soggetto) e lavoro (oggetto) per cui anziché semplificarne l’incontro, si va ad inserire un terzo fronte: la somministrazione.

Condividere quest’informazione a partire dal video diffuso su tutti i canali social, è parso quantomeno sconveniente. Tanto più che la polemica del sindacato confederale (Cgil) è rimasta in superficie, sulla soglia della forma più che sulla sostanza. Viene criticato il metodo, il contenuto parrebbe essere secondario per il maggiore sindacato italiano. Secondo Maurizio Landini, nel discorso pronunciato il 1 maggio a Potenza: «Il metodo [del governo] non può essere quello di essere chiamati la domenica sera per provvedimenti già decisi, così il confronto sindacale non esiste […]. Un metodo di questa natura significa non riconoscere a lavoratori, pensionati e giovani il ruolo che il sindacato deve avere per far crescere e migliorare questo Paese […] L’abbiamo detto in modo molto chiaro, bisogna cambiare il metodo che è sostanza. Nel merito, i cambiamenti sul cuneo contributivo vanno nella nostra direzione, è un primo risultato ma è un’una tantum, transitorio e non strutturale. Un aumento di 50-60 euro al mese che si aggiungono a quelli già ottenuti. Una misura importante, ma insufficiente a rispondere al problema del potere d’acquisto dei salari».

“Naufragar m’è dolce in questo mare”

La polemica che è sorta il secondo successivo alla pubblicazione del video nella festa dei lavoratori, ha seguito pedissequamente le volontà ideologiche della Presidente del Consiglio. Volontà espresse all’inizio del “corto” in cui viene ribadito il concetto per cui c’è chi lavora mentre è in corso la festa del lavoro. Destrutturare le strutture esistenti, portarle ad una traduzione (dunque ad una modificazione delle stesse) è il compito che si è preposta la Presidente del consiglio fin da principio. Anche perché vale la pena notare come il video sui provvedimenti, che avrebbe dovuto rappresentare la sostituzione della conferenza stampa, raffigura un ‘melonicentrismo’ proprio delle velleità presidenzialiste di Meloni.

La Presidente non aspettava altro, in effetti, se non che settori della politica cosiddetta d’opposizione parlamentare (bastassero due sassi dell’Adige da brandire o una dichiarazione dinamitarda per un pugno di like senza poi essere conseguenti…) si preoccupassero del dito ma non della luna. O, in altri termini: badando alla forma piuttosto che alla sostanza del provvedimento. Se Landini annuncia la propria parziale contrarietà, la conseguenza non è tanto la proverbiale “serrata” quanto più il silenzio su quanto sancito in materia di lavoro precario e in somministrazione. Il naufragio delle opposizioni, ancor prima della formazione del Governo, è il dolce mare di Meloni. La navigazione è tranquilla, tutto va come deve andare. Il “manovratore” non è disturbato.

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Foto di Marco Oriolesi su Unsplash