In un recente discorso agli operai di una fabbrica bellica, Putin ha insistito sulla necessità dell’attuale guerra per costruire il futuro della Russia, minacciata dall’egemonia degli USA e dei paesi che operano sotto l’egida di questi ultimi. In un insolito afflato di onestà, il presidente russo ha ammesso che le sanzioni possono avere un effetto negativo sull’economia russa, ribadendo la necessità di sostenere i consumi interni. Tuttavia, è noto come Mosca stia spingendo sull’esportazione di idrocarburi attraverso canali diversi da quelli battuti fin ora. Un esempio su tutti: l’India ha aumentato le importazioni di petrolio russo di ben 22 volte nel corso dell’ultimo anno. Altrettanto, l’incontro al vertice con Xi Jinping ha sancito anche l’accordo per scambiare idrocarburi con componenti elettroniche, utilizzate secondo fonti statunitensi per armare i droni impiegati in Ucraina. Senza dubbio le strade alternative che la Russia sta percorrendo per supplire allo stop alle esportazioni verso l’Europa stanno mitigando l’effetto delle sanzioni, ma è innegabile che la sottrazione del mercato europeo difficilmente potrà essere sostituita in tempi brevi da altre piazze. Secondo il Wall Street Journal, gli introiti derivati dall’esportazione di gas si sono contratti di circa il 30% e dall’inizio del conflitto in Ucraina è stato bruciato l’1,5% del PIL, indicando l’ombra della recessione per Mosca. Difficile dire quali risvolti possa avere questo scenario nella cornice autoritaria dello stato russo.

A cura di Sabato Angieri

Regia di Ciro Colonna