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Il principe sparatore

Il principe sparatore

Uscito a luglio su Netflix, «Il principe», diretto da Beatrice Borromeo Casiraghi (sua madre, la fotografa Paola Marzotto, era la migliore amica di Birgit Hamer), è un documentario in tre puntate incentrato sull’omicidio di Dirk Hamer, diciannovenne tedesco, e sull’incredibile vicenda giudiziaria che ne è seguita.

È la notte tra il 17 e il 18 agosto 1978 e, al largo dell’isola corsa di Cavallo, Dirk sta dormendo in barca con l’annoiata compagnia di rampolli della borghesia romana frequentata dalla sorella minore Birgit, quando viene raggiunto da due colpi di pistola. A sparare sarebbe stato nientemeno che il mancato re (in esilio dal 1948 dopo la vittoria del referendum per la Repubblica) Vittorio Emanuele di Savoia, infastidito dalla presenza della rumorosa compagnia italiana, in soggiorno sull’isola con la moglie ex campionessa di sci d’acqua Marina Doria e il figlioletto Emanuele Filiberto.

Dirk morirà dopo diciannove operazioni chirurgiche e quattro mesi di agonia (in seguito alla morte del figlio, il padre Ryke Geerd Hamer, medico, inventa la «nuova medicina germanica», pericolosa teoria che continua a mietere vittime, secondo cui la causa del cancro – malattia che uccise la moglie e colpì anche lui – sarebbe da ricercarsi in un trauma irrisolto: inutili le cure tradizionali, quindi).

Il giorno successivo alla sparatoria, Vittorio Emanuele di Savoia firmerà un documento in cui ammetterà di aver sparato contro la barca dove dormiva il giovane Hamer, mentre sul fondale marino la gendarmerie recupera dei bossoli. Per il giovane Dirk è l’inizio del calvario in ospedale, per Vittorio Emanuele si aprono i cancelli della galera di Ajaccio da cui verrà rilasciato appena qualche mese più tardi.

Ma da questo momento in poi, inesorabilmente e inspiegabilmente, Vittorio Emanuele di Savoia finirà tuttavia col tramutarsi in uomo innocente vittima di una orrenda accusa (nel 1982 racconterà a Enzo Biagi che non sapeva più dire se avesse sparato per davvero) e il processo a Parigi nel 1991 (il primo, dagli anni della Rivoluzione francese, a un membro di una famiglia reale) lo proscioglierà definitivamente dall’accusa di omicidio volontario.

Nel 2006, le prince tireur, riammesso in Italia nel 2002 dopo cinquantaquattro anni di esilio  con una legge approvata dal secondo governo Berlusconi, è recluso nel carcere di Potenza, accusato di associazione a delinquere, corruzione, falso e sfruttamento della prostituzione. Senza sapere di essere registrato, confesserà ai compagni di cella la sua responsabilità nell’omicidio di Dirk Hamer (confessione che però smentirà fin da subito), spiegando di aver fregato i giudici con la sua «batteria di avvocati», anche se «avevo torto».

Se sulle prime la vicenda sembra assomigliare a una lite condominiale tra ricchi finita male, la lotta di Birgit Hamer, modella e attrice che dedicherà tutta la vita a combattere per far emergere la verità sulla morte di Dirk, riesce a mettere in luce la materia di cui è fatto quel muro con cui la donna si scontrerà sempre e che la separerà dalla verità sulla fine del fratello.

È una barriera di legami loschi quella che protegge l’incredibile personaggio di Vittorio Emanuele di Savoia e che gli garantisce l’impunità anche dopo l’iniziale confessione. Al suo attivo, il principe conta infatti la presunta adesione alla Loggia P2 (tessera numero 1621), ma anche la mediazione che il principe in esilio svolgeva tra lo scià di Persia (suo testimone di nozze) e l’imprenditore Corrado Agusta (capo dell’omonima impresa di armi e velivoli), grazie al quale l’azienda avrebbe potuto così intrattenere legami commerciali con paesi ostili.

Una storia inquietante, non solo per «lo champagnino» che, a telecamere spente ma ad audio ancora acceso, dopo aver parlato per ore di un ragazzo morto ammazzato, Vittorio Emanuele offre alla troupe (quando è successo che abbiamo ricominciato a credere nella favoletta dei re buoni?), quanto per quella piovra di relazioni oscure, intrecci e mani invisibili che, come dimostra molto efficacemente Borromeo Casiraghi, possono interrompere il sano funzionamento dei sistemi democratici.

 

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