Sabato Angieri

Gli aiuti Usa all’Ucraina cambieranno il corso della guerra?

Gli aiuti Usa all’Ucraina cambieranno il corso della guerra?

Kiev può tirare un sospiro di sollievo, le armi statunitensi arriveranno presto. Dopo 5 mesi la Camera di Washington ha infatti approvato il pacchetto straordinario di aiuti militari a Ucraina, Israele e Taiwan da circa 100 miliardi di dollari che nelle precedenti votazioni aveva sempre bocciato. Oggi si terrà il voto al Senato, che in questo caso viene considerato una formalità e nel fine settimana il presidente Biden dovrebbe firmare la legge. Previsto a breve l’invio dei primi sistemi di contraerea, tra cui i famosi Patriots, dei lanciarazzi multipli Atacms a medio e (forse) lungo raggio e di tonnellate di munizioni di medio e piccolo calibro.

La misura, proposta dal presidente Biden a fine novembre dell’anno scorso, è stata ostracizzata con ogni mezzo possibile dai repubblicani. Per ben 4 volte il voto è passato al Senato, dove lo scarto tra i due partiti di maggioranza è minimo, ed è stato bocciato dalla Camera, dove invece i trumpiani hanno deciso di aprire la campagna elettorale per le prossime presidenziali (novembre 2024), incalzando Biden sul tema che più fa presa nell’elettorato di destra: gli immigrati. «Biden si preoccupa di finanziare guerre all’estero e dimentica i problemi degli americani qui, nei confini del nostro stesso Paese», è stata l’argomentazione principale dei deputati del Gop, che gridano all’«invasione» e chiedono controlli più duri alle frontiere, oltre a misure coercitive sui visti. Nonostante l’ottimismo delle prime settimane, con il passare del tempo è risultato evidente che i repubblicani non avrebbero mollato e, infatti, 5 mesi di rimandi hanno determinato una situazione quasi drammatica al fronte per i soldati ucraini. Arsenali vuoti, mezzi danneggiati e morale a terra. Solo durante il primo mese di guerra, nel marzo del 2024, la situazione era stata così nera. Poi era venuto il tempo del «gruppo di contatto Nato per l’Ucraina» delle forniture da miliardi di dollari, dei tank Leopard tedeschi e degli Himars statunitensi. La grande controffensiva che ha prosciugato le casematte di Kiev ha posto un serio freno alle speranze di vittoria ucraine. Il carismatico Zelensky è arrivato fino a dichiarare: «se non ci darete le armi in fretta perderemo». Mai, dal 24 febbraio di due anni fa, l’aveva chiaramente detto. Così come Putin non aveva mai pronunciato la parola «guerra» e poi l’ha fatto, seppur incolpando l’occidente di voler trascinare Mosca in un «conflitto su vasta scala pericoloso per tutti». La fila di «mai» che potremmo aggiungere a questo elenco è lunga e tratta soprattutto di armamenti negati in un primo momento e alla fine concessi.

Da quando l’Iran ha attaccato Israele rispondendo al raid al consolato di Damasco nel quale sono state uccise importanti personalità militari di Teheran, tuttavia, anche le valutazioni in seno alla politica a stelle e strisce sono cambiate. E, infatti, il pacchetto di aiuti straordinari tanto voluto da Biden è finalmente passato con qualche modifica che non ne altera la sostanza. In totale la misura prevede lo stanziamento di 61 miliardi di dollari per l’Ucraina, dei quali 23 resteranno in patria per riapprovvigionare gli arsenali Usa e 7,8 saranno solo aiuti finanziari diretti al mantenimento del bilancio statale ucraino sotto forma di prestito. In tal modo, se vorrà, il prossimo presidente eletto a Washington potrà richiedere la somma a Zelensky. È evidente che la postilla è una concessione a Donald Trump, il quale si è più volte dichiarato contrario a nuovi finanziamenti a Kiev. Inoltre, è stato dato il via libera (vittoria di Biden) all’invio dei missili Atacms a medio e lungo raggio, «salvo rischi gli interessi nazionali americani». Secondo il Pentagono i primi container di armi potrebbero già arrivare la settimana prossima in ucraina, ammesso (come pare scontato) che il Senato ratifichi il voto quest’oggi. Tra le forniture più immediate ci saranno sicuramente nuovi pezzi di artiglieria, molte munizioni da 155 mm e un numero non specificato di sistemi di difesa aerea, tra cui probabilmente i famosi Patriot. A inizio settimana il sottosegretario di Stato americano per gli affari europei ed eurasiatici, James O’Brien, durante un incontro con i giornalisti a Keiv ha spiegato che nel pacchetto di aiuti sono previsti «sistemi che distruggono droni, missili lenti e altri mezzi con cui la Russia sta cercando di attaccare». E il presidente Biden stesso, al telefono con l’omologo ucraino, ha assicurato che gli Usa «invieranno velocemente importanti nuovi aiuti militari per venire incontro alle esigenze urgenti dell’Ucraina sul campo di battaglia e per la difesa aerea, non appena il Senato approverà il pacchetto aggiuntivo di sicurezza nazionale e verrà firmata la legge».

Stavolta però Washington ha annunciato chiaramente che con questa pioggia di armi e di soldi invierà anche consiglieri militari e ufficiali di collegamento. Il messaggio è chiaro: il fallimento della controffensiva ucraina del 2023 è pesato enormemente all’amministrazione Biden che non vuole commettere due volte lo stesso errore. D’ora in poi le decisioni strategico-tattiche più importanti dovranno essere concordate con il Pentagono.

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