Dopo le critiche per la sua partecipazione ad Atreju, Elon Musk è di nuovo nell’occhio del ciclone: farebbe uso di sostanze psicotrope. L’imprenditore tecnologico-spaziale, 52 anni, ha fatto nuovamente parlare di sé. Dopo aver preso parte all’evento annuale organizzato dalla destra di Giorgia Meloni a Roma, il contestato Atreju, ora è accusato di fare uso di droghe.
A far esplodere la bomba è stato il Wall Street Journal, che già quest’estate aveva pubblicato un articolo sulle droghe che “alimentano” la creatività della Silicon Valley.
Droghe che rispondono al nome di LSD, ketamina, ecstasy, funghi allucinogeni: antiche e moderne al tempo. Nel caso di Musk, ci sarebbe anche la cocaina, da tempo diffusa tra chi debba far fronte a forte stress, ritmi sfiancanti di lavoro e la necessità di ridurre il sonno ai minimi termini.
Così, pochi giorni fa, è arrivato l’attacco frontale da parte del quotidiano statunitense, che ha intervistato diversi dirigenti, azionisti e investitori delle aziende di Musk. Questi hanno espresso preoccupazione sulla sua stabilità mentale.
La reazione di Elon Musk
Alle accuse ha risposto prontamente l’imprenditore, che ha dichiarato di preferire la ketamina agli antidepressivi per curare il proprio disturbo bipolare. Assumerebbe, quindi, ketamina sotto prescrizione medica e, stando alle parole del suo avvocato, supererebbe regolarmente i test antidroga.
Come ha confidato lo scorso agosto su X: ha una prescrizione per la ketamina “per i momenti nei quali la chimica del mio cervello si inclina occasionalmente verso uno stato fortemente negativo”.
Musk, i precedenti con le droghe
L’accostamento di Elon Musk alle droghe è noto dal 2018, quando fu visto fumare marijuana e bere whisky durante un podcast con il comico Joe Rogan. Il suo ‘coming out’ non fu, peraltro, privo di conseguenze importanti: in seguito alla sua apparizione, le azioni della sua Tesla crollarono del 10%.
Pare, però, che non abbia fatto solo uso di cannabis: a un evento a Los Angeles, nello stesso anno, avrebbe assunto “diverse compresse”. C’è chi giura che faccia uso di sostanze illegali nelle feste private alle quali partecipa: asserzioni che non potrebbero essere sostenute da alcuna prova.
Non mancherebbero, nel carnet degli sballi, nemmeno i funghi allucinogeni (utilizzati, pare, ad un evento in Messico nel 2019). Oltre, ovviamente, alla succitata ketamina.
Un ulteriore tassello che andrebbe a comporre il puzzle di un Musk drug-friendly è la sua abituale partecipazione al festival statunitense Burning Man, una nove giorni di sesso-droga-rock’n roll che ha luogo nel Black Rock Desert del Nevada.
Il comportamento dell’imprenditore sarebbe totalmente contrario alla politica delle sue aziende e desterebbero preoccupazioni circa alcune relazioni professionali intrattenute da Musk.
In primis quelle con il Governo Federale e con la NASA, con i quali l’imprenditore collabora per via di SpaceX, la società di progettazione di razzi e veicoli aerospaziali attraverso la quale Musk ha sviluppato il progetto del satellite StarLink. Il nodo critico è il Drug-Free Workplace Act del 1988, legge che potrebbe seriamente minare la partnership con la NASA.
La legge esige che alcuni appaltatori federali e tutti i beneficiari di sovvenzioni federali si impegnino a garantire luoghi di lavoro privi di droghe come condizione preliminare per ricevere un contratto o una sovvenzione da un’agenzia federale. Includendo nel novero delle sostanze messe all’indice anche la marijuana, sebbene sia legale in molti Stati USA.
Non solo Musk: l’utilizzo di droghe nella Silicon Valley
L’usanza di fare uso di droghe al fine, più o meno preminente, di stimolare la creatività non è certo nuova: sicuramente era in voga nell’Ottocento, quando scrittori come Charles Baudelaire non disdegnavano l’utilizzo di allucinogeni. E producevano, sotto effetto di stupefacenti (soprattutto hashish), opere come I fiori del male e I paradisi artificiali.
Ma, come ricorda anche Fortune, anche nella nostra epoca sono molti i personaggi importanti, nel panorama dell’imprenditoria IT, che fanno o si pensa facciano uso di droghe: pare, ad esempio, che Sergey Brin di Google stimoli la mente utilizzando i funghi allucinogeni.
Si dice che Steve Jobs di Apple abbia fatto tesoro delle esperienze fatte con l’LSD negli anni Sessanta, che lo hanno aiutato a sviluppare i suoi primi Mac. Il suo ipotetico uso di droghe è menzionato anche in un rapporto Fbi che lo riguarda, risalente al 1991. Lo stesso discorso vale anche per il fondatore di Microsoft Bill Gates, che avrebbe sperimentato l’LSD prima dei 25 anni.
E dopo? Come ci si comporta quando si è già arrivati al successo? È facile assuefarsi agli eccessi: lo sa bene John Roa, CEO dell’app Caden, al quale ha dedicato un interessante articolo il New York Post.
Il problema? Come ricorda lo stesso Roa, il fatto che “gli imprenditori abbiano il doppio delle probabilità rispetto alla popolazione generale di soffrire di depressione, tre volte più probabilità di lottare con l’abuso di sostanze e dieci volte più probabilità di avere un disturbo bipolare“. E che si suicidino quattro volte tanto la media nazionale.
Il motivo per il quale gli imprenditori scelgono di far uso di sostanze stimolanti di varia natura è legato, ovviamente, al bisogno costante di esibirsi in performance brillanti. Bisogno che, se disatteso, può condurre alla depressione.
Pensate al Jordan Belfort interpretato da DiCaprio in The Wolf of Wall Street: ecco, quell’uomo brillante e costantemente sotto pressione ben rappresenta il manager o l’imprenditore rampante delle grandi aziende del Tech che deve mantenersi costantemente all’altezza delle aspettative.
Le droghe aiutano sia a mettere in scena la performance che ad aggirare la depressione in caso di fallimento. E servono a creare cose che non esistono, a potenziare la creatività e ad amplificare la percezione.
Come scriveva Aldous Huxley in Le porte della percezione (1954), l’uso di una droga come la mescalina “innalza tutti i colori a una maggiore potenza e rende consapevole l’individuo percettivo di innumerevoli e sottili ombre di variazione, alle quali, in tempi normali, egli è completamente cieco”.
L’efficacia terapeutica delle droghe: una ricerca in corso
Da almeno 6 anni a questa parte, sono in corso ricerche volte a dimostrare la loro efficacia terapeutica a vari livelli.
Come ricorda un bell’articolo de Il Manifesto, negli ultimi anni, la ricerca medica ufficiale ha condotto studi terapeutici su diverse sostanze psichedeliche, ottenendo risultati incoraggianti.
Lo studio clinico Mapp2 dell’Università di San Francisco, iniziato nel 2017, ha dimostrato che la psicoterapia accompagnata da dosi periodiche di MDMA (principio attivo dell’ecstasy) è più efficace nel trattare i disturbi da stress post-traumatico rispetto alla sola psicoterapia. Delle persone facenti parte del gruppo di controllo, il 71% è stato dichiarato guarito con questo metodo.
Per curare la depressione grave è stata testata, con risultati positivi, la psilocibina: si tratta della sostanza responsabile degli effetti dei funghi allucinogeni, studiata dalle Università del Wisconsin e di Zurigo nel 2023.
La ketamina come anti-depressivo non la utilizza solamente Elon Musk ma è piuttosto diffusa: in molte cliniche del Regno Unito la somministrano per via endovenosa. L’Unione Europea ne ha autorizzato l’uso: si può assumere anche sotto forma di spray a base di esketamina (il prodotto si chiama Spravato, ndr). Per quanto riguarda una delle droghe allucinogene di maggior successo, l’LSD, studi del 2020 ne suggeriscono l’efficacia potenziale per trattare l’alcolismo.
Insomma: oltre alla voglia di stupire e scandalizzare esiste l’eventualità (tutt’altro che assurda) che Musk sia solamente in anticipo sui tempi.
Giulia Bucelli