Il caso Assange, una libertà patteggiata

Il caso Assange, una libertà patteggiata

Julian Assange

Julian Assange è libero. Dopo 5 anni di prigionia nel Regno Unito potrà tornare in Australia dopo aver patteggiato con gli Stati Uniti una condanna a 62 mesi ammettendo la colpevolezza di un solo capo d’accusa.
Ecco come tutto iniziò, ormai 18 anni fa. E come sta giungendo al termine.

Al principio fu WikiLeaks

Julian Assange è un giornalista 35enne quando in Australia, nel 2006, dà avvio ufficialmente al progetto WikiLeaks, un database online contenente informazioni segrete di carattere governativo, militare, industriale e finanziario.

Vi collabora un nutrito gruppo di giornalisti, attivisti, insider che, per la maggior parte, optano per l’anonimato. In soli tre anni, il progetto WikiLeaks può contare sul contributo di oltre 1.200 volontari registrati.

Il suo scopo originario è la trasparenza da parte di governi e istituzioni importanti, volta a garantire la democrazia.

 

WikiLeaks, un progetto da Premio Nobel

Se, da una parte, i cosiddetti “poteri forti” si sentono minacciati dal lavoro di Assange c’è anche chi ha proposto di assegnargli il Premio Nobel per la Pace: è il caso del parlamentare socialista norvegese Snorre Valen, che lo ha candidato per il celebre premio nel 2011.

Queste le sue motivazioni: “Wikileaks ha contribuito alla lotta per quei valori stessi a livello globale, esponendo corruzione, crimini di guerra e torture, a volte persino condotti da alleati della Norvegia. Più di recente, rivelando gli accordi economici della famiglia presidenziale in Tunisia, Wikileaks ha dato un piccolo contributo per rovesciare una dittatura durata 24 anni”.

Anche quest’anno il fondatore di WikiLeaks ha ricevuto una nomination, sempre da parte di un personaggio politico norvegese: Sofie Marhaug del Red Party (Rødt). “Assange ha messo in luce i crimini di guerra occidentali e quindi ha contribuito alla pace. Se vogliamo evitare la guerra, dobbiamo conoscere la verità sui danni che la guerra porta. Assange ha denunciato la tortura e il comportamento disumano verso i prigionieri di guerra”.

WikiLeaks

Gli scandali svelati da WikiLeaks

La prima volta che WikiLeaks attira l’attenzione su di sé è nel 2007, quando pubblica il manuale per le guardie carcerarie di Guantanamo.

Nel 2008 il sito viene chiuso per breve tempo: effetto delle pressioni della banca svizzera Julius Bär su un tribunale della California. La banca accusa il sito di diffamazione, perché alcuni documenti pubblicati su WikiLeaks la incriminano di agevolare evasione fiscale e riciclaggio di denaro sporco. Poco dopo il sito verrà riaperto e la banca rinuncerà alla causa.

La bomba vera e propria esplode nel 2010.

È questo l’anno in cui l’allora analista di intelligence nonché soldato scelto Bradley Manning (oggi Chelsea) condivide con Assange 700mila documenti classificati. Ne usciranno fuori 400mila riguardanti l’invasione in Iraq, e scoppierà il cablegate, scandalo legato alla pubblicazione di 250mila cablogrammi diplomatici dal contenuto controverso.

Manning verrà poi arrestata, detenuta e processata tra il 2012 e il 2013, anno nel quale verrà condannata a 35 anni di carcere. Dopo aver scontato 7 anni, uscirà nel 2017 grazie all’intervento dell’allora presidente Obama, per poi finire nuovamente in carcere nel 2019. Tornerà in libertà nel 2020.

Sempre nel 2010 WikiLeaks condivide con alcune testate giornalistiche importanti a livello internazionale – The New York Times, The Guardian, Der Spiegel, Le Monde ed El Pais70mila documenti riservati controversi sulla guerra in Afghanistan. Documenti da cui emergono torture, omicidi di civili e altre aberrazioni compiute dai militari statunitensi.

Non si può più tornare indietro: ormai WikiLeaks è sotto gli occhi di tutti, ed è percepito come una vera e propria bomba ad orologeria.

Assange e i guai con la giustizia

Ed è qui che ha inizio la via crucis di Julian Assange, per il quale Il 18 novembre 2010 la magistratura svedese emette un mandato di cattura internazionale. Le accuse: stupro, molestie e coercizione illegale di due donne in Svezia (accuse che poi cadranno per assenza di prove).

Il 7 dicembre 2010, Assange si consegna alla polizia di Londra. Prima finisce in carcere, poi gli viene concessa la libertà vigilata, che lui violerà per paura di essere estradato in Svezia e, da lì, negli Stati Uniti.

Nel 2012 si rifugia nell’ambasciata dell’Ecuador, chiedendo e ottenendo dall’allora presidente Rafael Correa asilo politico. Passerà qui sette lunghi anni, finché nel 2019 il neo eletto presidente Lenin Moreno accuserà Assange di aver violato le condizioni per l’asilo politico e non deciderà di revocargli la cittadinanza concessagli un anno prima.

Assange verrà quindi prelevato dalla polizia britannica e nuovamente processato per le accuse di stupro, mentre il Governo degli Stati Uniti, ormai presieduto da Donald Trump, gli ha imputato altri 17 capi d’accusa oltre a quello per pirateria informatica, portando a 175 gli anni totali della sua potenziale reclusione.

 

Dove si trova attualmente Julian Assange?

Dall’11 aprile 2019 Julian Assange si trova nel Regno Unito nella Prigione Belmarsh, un carcere di massima sicurezza ribattezzato “la Guantanamo di Londra”.

Stando a quanto riferisce la moglie Stella, le sue condizioni di salute psicofisica sono critiche.

Già nel 2022, in un’intervista a Vanity Fair, aveva dichiarato che in carcere gli stavano “portando via un brandello di umanità alla volta”.

Stando alle parole di sua moglie, da anni è in atto una distruzione sistematica di Assange. “Con l’accusa di stupro hanno incrinato la sua reputazione, hanno sollevato dubbi sui fini della sua attività giornalistica, hanno associato il nome di Julian a quello di persone poco commendevoli. Hanno fatto di tutto per allontanare il ricordo dei successi ottenuti da WikiLeaks”.

In carcere, Stella e i loro due figli Gabriel e Max – concepiti durante la prigionia – possono fargli visita per un’ora due volte a settimana.

Julian Assange e la moglie Stella Morris

Da tre anni, il rischio di estradizione

Julian Assange rischia l’estradizione dal 2021. Inizialmente, un giudice britannico ha emesso una sentenza di primo grado che ha decretato la sua permanenza nel Regno Unito perché, se estradato in Usa, avrebbe potuto suicidarsi.

Nel luglio 2021 il governo statunitense ha fatto appello e ottenuto, infine, una sentenza del governo britannico a favore dell’estradizione nel giugno 2022.

A questo punto è stato lo stesso Assange a fare appello. Infine, il 20 febbraio scorso, è iniziata l’ultima udienza all’Alta Corte di Londra che decreterà se verrà o meno estradato: il verdetto definitivo non è ancora stato emesso. In caso venga deliberata l’estradizione resterà un unico scoglio al quale appigliarsi: la Corte europea dei diritti umani.

Sono molte le manifestazioni a sostegno di Assange e della libertà di informazione. È in corso da anni una campagna di Amnesty International che chiede l’annullamento delle accuse a suo carico e per lui si è mobilitata l’International Federation of Journalists.

A suo favore si espone da tempo anche il presidente del Messico Andres Manuel Lopez Obrador, che più volte gli ha offerto asilo politico. 

Un manifestante a sostegno di Julian Assange

Estradizione? Una sentenza di morte

L’estradizione di Assange avrebbe portato, inevitabilmente, ad una sua condanna a morte negli Stati Uniti: questa è l’opinione del giornalista del The Guardian Duncan Campbell.

Un suo articolo di analisi della situazione pubblicato sul quotidiano inglese parte da una domanda provocatoria: “Qual è l’attività criminale più grave? Omicidi extragiudiziali, routine di tortura sui prigionieri e rilasci illegali eseguiti da uno stato, oppure l’esposizione di tali azioni attraverso la pubblicazione illegalmente filtrata dei dettagli su come, dove, quando e da chi sono stati commessi?”.

Campbell riporta due precedenti analoghi alla vicenda di Assange. Il primo è quello dell’ex agente CIA Philip Agee, colpevole di aver svelato dettagli sulle attività illegali negli Stati Uniti che hanno favorito dittatori di destra in America Latina: Agee non è mai stato estradato negli Usa.

L’altro è il caso di Daniel Ellsberg, colpevole di aver pubblicato i cosiddetti Pentagon Papers nel 1971: documenti che svelavano gli orrori perpetrati in Vietnam dagli Stati Uniti. Accusato nel ‘73 per gli stessi motivi di Assange, gli fece da testimone in un’udienza.

In fondo sono in molti a volerlo vedere morto. Stando ad alcune indiscrezioni riportate da Yahoo News nel 2021, pare addirittura che ci fosse un piano per rapire Assange dall’ambasciata e assassinarlo per punirlo di aver rivelato, a partire dal 2017, informazioni sugli strumenti di hacking utilizzati dalla CIA.

Anche la moglie Stella ha temuto il peggio per Assange, quando dichiara lapidaria che “ciò che è successo ad Alexeij Navalny in Russia potrebbe succedere a lui in America”. Secondo lei, “fa comodo a tutti tenerlo zitto in prigione. O meglio ancora sottoterra”.

L’epilogo: Julian Assange è libero. E deve affrontare un’udienza nel Pacifico

Ieri, dopo 1901 giorni di detenzione nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, l’Alta Corte di Giustizia di Londra ha concesso ad Assange la libertà su cauzione e lo ha rilasciato ieri pomeriggio all’aeroporto di Stansted.

Questo il comunicato ufficiale di WikiLeaks: “Questo è il risultato di una campagna globale che ha coinvolto organizzatori di base, attivisti per la libertà di stampa, legislatori e leader di tutto lo spettro politico, fino alle Nazioni Unite. Ciò ha creato lo spazio per un lungo periodo di negoziati con il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, che ha portato a un accordo che non è stato ancora formalmente finalizzato. Assange dopo più di cinque anni in una cella di 2×3 metri, isolato 23 ore al giorno, presto si riunirà alla moglie Stella Assange e ai loro figli, che hanno conosciuto il padre solo da dietro le sbarre”.

Com’è stato possibile l’esito positivo della vicenda giudiziaria? Il giornalista ha accettato di dichiararsi colpevole di cospirazione per ottenere e diffondere informazioni sulla difesa nazionale. In questo modo può beneficiare dell’accordo con il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti che gli consente di evitare la reclusione negli USA. Secondo i termini dell’accordo, i pubblici ministeri del dipartimento di giustizia chiederanno per Assange una condanna a 62 mesi, equivalente al periodo scontato dall’imputato a Belmarsh.

Cosa succede ora?

Julian Assange volerà alla volta del territorio statunitense delle Isole Marianne Settentrionali nel Pacifico, dopo una breve tappa a Bangkok per fare rifornimento.

Nel territorio USA nel Pacifico affronterà un’udienza per il patteggiamento che dovrebbe consentirgli di essere totalmente libero e tornare in Australia.

Questo è il primo capitolo del lieto epilogo di una triste, tristissima vicenda.

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Foto di David Todd McCarty su Unsplash