Il Congo come l’Ucraina: aiuto militare in cambio di terre rare

Il Congo come l’Ucraina: aiuto militare in cambio di terre rare

La Repubblica Democratica del Congo (RDC) ha offerto agli Stati Uniti d’America il controllo congiunto di giacimenti minerari in cambio di formazione militare e supporto diretto della United State Army. È quanto emerge dalla proposta presentata dall’Africa Business Council – un gruppo internazionale di advocacy per gli interessi commerciali africani – al segretario di Stato degli Stati Uniti Marco Rubio, riportata da Al Jazeera. L’Africa Business Council ha agito per conto del senatore congolese Pierre Kanda Kalambavy che presiede la commissione del Senato della RDC per la difesa, la sicurezza e la protezione delle frontiere. La proposta, che è stata presentata il 21 febbraio 2025, suggerisce “una partnership economica e di sicurezza a lungo termine che avvantaggi entrambe le nazioni”. Non è ancora arrivata una risposta ufficiale da parte degli Stati Uniti che, però, a inizio marzo hanno diffuso una nota del segretario di Stato della presa visione della proposta, nella quale si ammette l’interesse degli USA a una partnership con la Repubblica Democratica del Congo, Paese che possiede giacimenti di risorse naturali non sfruttate per un totale di 24 mila miliardi di dollari.

La proposta del Congo scaturisce dalla partnership militare che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha cercato di instaurare con l’Ucraina in cambio del controllo delle sue terre rare. I minerali di cui il Congo è ricco rientrano nella categoria dei 3TG (stagno, tungsteno, tantalio e oro), fondamentali nella produzione e nello sviluppo di tecnologie civili e militari. La RDC possiede anche il coltan, risorsa chiave nella produzione di smartphone, computer e dispositivi elettronici in generale. Questo minerale – formato da columbo e tantalite – ha ottime proprietà conduttive e termiche e si trova in superficie, caratteristica che permette uno sforzo minimo di estrazione. A possederlo in grosse quantità sono l’Africa – Namibia e Congo – l’Australia e il Brasile. In Congo ci sono molte altre risorse preziose, come l’oro, il diamante e, soprattutto, il cobalto, di cui la RDC possiede il settanta per cento delle riserve mondiali. Il cobalto è la risorsa principale nella produzione di batterie a litio, cruciali nel settore dei veicoli elettrici.

Gli Stati Uniti hanno tutto l’interesse di inserirsi nel business dell’estrazione mineraria congolese. Il Congo “possiede una quota significativa dei materiali critici mondiali richiesti per le tecnologie avanzate” ha dichiarato un portavoce del Dipartimento di Stato americano a Reuters, precisando che “gli Stati Uniti sono aperti a discutere partnership in questo settore che siano allineate con l’agenda America First dell’Amministrazione Trump”. Il portavoce ha anche aggiunto che gli USA vorrebbero aumentare gli investimenti del settore privato nella Repubblica Democratica del Congo “in modo responsabile e trasparente”, non rispondendo, però, alla specifica proposta dell’Africa Business Council. Un eventuale accordo con gli Stati Uniti potrebbe cambiare l’attuale scacchiere d’investimenti e influenze presente nel Paese. A dominare gli investimenti nell’industria mineraria della RDC è la Cina, che ha stretto degli accordi “minerali in cambio di infrastrutture” con l’ex presidente Joseph Kabila. Tuttavia, da quanto emerge dall’articolo di Al Jazeera, questi accordi non sono stati rispettati in termini di trasparenza degli investimenti e, soprattutto, in termini di infrastrutture. La Cina possiede la metà delle miniere di cobalto nelle nove principali regioni di estrazione concentrate nella provincia meridionale del Katanga. Sotto l’attuale presidente del Congo, Felix Tshisekedi, si è tentato di diversificare la partnership, invitando altri attori a possedere e gestire le miniere per distanziarsi dalla Cina. Negli ultimi due anni la RDC ha firmato accordi con l’Unione Europea e con l’India. Di recente il portavoce della RDC Patrick Muyaya ha dichiarato a Reuters che gli investitori americani sarebbero i benvenuti. Secondo l’analista Daniel van Dalen, senior analyst presso Signal Risk – una società di intelligence sulla sicurezza con sede in Sudafrica – i tentativi di diversificazione con l’ingresso degli USA nel business non porterebbero a una modifica nel breve periodo del dominio della Cina nel settore minerario. Gli Stati Uniti preferiscono acquistare direttamente dal governo piuttosto che arrivare a uno scontro sul terreno con la Cina. Lo scenario più probabile, secondo van Dalen, è che gli USA forniscano equipaggiamento militare piuttosto che un supporto diretto di truppe.

Nonostante la grandezza del Paese, le truppe congolesi sono deboli a causa della forte corruzione governativa. Per questo la RDC vuole ricevere l’addestramento militare delle truppe dagli Stati Uniti e permettere il libero ingresso dell’esercito statunitense nei territori nazionali. Il Congo ha affrontato, tra il 1996 e il 2002, due guerre civili che, data la portata e il coinvolgimento da parte di altri Stati africani, sarebbe più consono definire guerre africane. Da gennaio a oggi nel Congo orientale imperversa un conflitto contro i ribelli dell’M23, un gruppo armato presente nella zona orientale del Paese. Finora ha conquistato Goma – capoluogo della regione del Kivu del Nord – e Bukavu – capoluogo della regione del Kivu del Sud –, arrivando persino a Walikale – tra Nord e Sud Kivu –. Si tratta di importanti centri minerari che insistono nella regione dei Grandi Laghi – nel Congo orientale – particolarmente ricca dei minerali critici. L’M23 opera ufficialmente in difesa dei Tutsi congolesi, una minoranza etnica che nel 1994 è stata vittima di un genocidio da parte di estremisti Hutu: in Ruanda, furono uccisi 800 mila Tutsi in appena cento giorni. Circa due milioni di Hutu, dopo la vittoria militare del Fronte Patriottico Ruandese, fuggirono verso l’est della RDC. Nei due milioni di Hutu che migrarono verso la RDC orientale, c’erano anche membri di gruppi responsabili del genocidio. Questi gruppi formarono le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR), un gruppo armato ancora attivo nel Congo orientale. Il Ruanda accusa il Congo di ospitare gruppi armati Hutu che sono coinvolti nel genocidio del 1994.

Secondo molti osservatori internazionali il Ruanda sta contrabbandando minerali dalla RDC attraverso l’M23, anche se il presidente ruandese Kagame – di etnia Tutsi – nega il coinvolgimento. In passato lo stesso presidente ha giustificato l’invio di soldati ruandesi nella RDC per proteggere i Tutsi congolesi. Secondo i rapporti ONU che si riferiscono alle due guerre civili, sia il Ruanda che l’Uganda hanno saccheggiato le risorse minerarie della Repubblica Democratica del Congo. Diversi paesi europei e gli USA hanno imposto delle sanzioni ad alcuni funzionari ruandesi collegati alla violenza. L’accordo che la Repubblica Democratica del Congo vuole raggiungere con gli Stati Uniti ha come obiettivo la risoluzione militare nel conflitto contro l’M23 per riacquisire il controllo delle zone minerarie orientali e tentare di risollevare il Paese dalla profonda crisi economica che imperversa da decenni.

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