L’Argentina si trova a fronteggiare un’inflazione record. L’austerity di Javier Milei sta dando qualche frutto, ma la situazione è seria.
Lo scorso maggio, l’inflazione in Argentina ha raggiunto livelli così elevati (del 300%) da obbligare il governo ad emettere una banconota ad hoc da 10.000 pesos, equivalenti a poco più di 10 euro e, in questo secondo semestre, un’altra da 20.000.
Analizziamo la situazione più da vicino.
Argentina, la situazione economica
Come riporta l’Osservatorio Economico InfoMercatiEsteri, “secondo gli ultimi dati ufficiali pubblicati dall’Istituto Nazionale di Statistica locale (INDEC) l‘indice dei prezzi al consumo ha fatto registrare, nel corso del 2023, un aumento del 211,4%, consolidando la posizione dell’Argentina tra i Paesi con il più elevato livello di inflazione al mondo.
Le stime ufficiali elaborate dal Banco Central de la Republica Argentina (BCRA) prevedono uno scenario in leggero miglioramento, nel quale il tasso di inflazione potrebbe registrare, a fine 2024, un aumento pari al 189,4%” (Relevamiento de Expectativas de Mercado – REM, aprile 2024).
A livello di produzione industriale, il Paese ha registrato, nel mese di aprile 2024, un peggioramento del 16,6% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. In generale, il semestre gennaio-aprile 2024 ha registrato una diminuzione del 15,4% in relazione allo stesso periodo del 2023.
Stando ai dati della Banca Mondiale, nel 2023 l’economia si era contratta dell’1,6%, anche a causa di una siccità che ha portato a un calo del 26% della produzione agricola su base annua.
Tuttavia, nel 2025, l’economia dovrebbe crescere del 5%, grazie al miglioramento delle condizioni climatiche, agli investimenti nel settore energetico e alla normalizzazione della produzione agricola.
Le misure del governo Milei
Fin da quando è entrato in carica, a dicembre 2023, il governo di Javier Milei ha sempre avuto come primo punto programmatico quello del contenimento della spesa pubblica, anche previdenziale.
A questo scopo ha messo in campo misure drastiche, tra le quali il veto su una legge che rivaluta dell’8,1% le pensioni minime, al fine di adeguarle al livello corrente dell’inflazione. Un veto che l’opposizione ha provato a rimuovere senza successo lo scorso 11 settembre, a fronte di 157 voti a favore e 87 contrari.
In gioco non c’era un aumento consistente di denaro: come ha esemplificato il radicale Rodrigo de Loredo, favorevole alla rivalutazione delle pensioni, “stiamo parlando di un aumento di appena 15.000 pesos, che equivalgono a una dozzina di empanadas”. Bisogna però ricordare che l’importo delle pensioni minime, in Argentina, ammonta a 225.454 pesos, l’equivalente di circa 215 euro.
Il Bilancio 2025 presentato da Javier Milei
Javier Milei ha progetti ambiziosi per la sua nazione. Nel Bilancio 2025 presentato a metà settembre ha prospettato il “deficit zero”: un risultato ottenibile solamente inasprendo i tagli alla spesa pubblica.
A differenza di quanto accade di consueto, il presidente ha voluto presentare personalmente il piano anziché delegare questo compito al Ministro dell’Economia (Luis Caputo). Ciò è avvenuto dopo una settimana di fuoco alla Camera, dove Milei non può contare su un vasto appoggio (ha il 15% dei seggi), e dove l’opposizione ha costantemente tentato di far approvare leggi sull’aumento di pensioni e salari.
Il succo del piano Milei: dare la priorità assoluta al raggiungimento dell’equilibrio fiscale e al pagamento del debito contratto con il Fondo Monetario Internazionale a scapito della spesa pubblica. In altre parole, gli stipendi dei dipendenti pubblici restano bloccati, così come la totalità dei lavori pubblici. Per il presidente di estrema destra, lo Stato deve smettere di fare da “babysitter”, assumendosi la piena responsabilità di qualsiasi cosa.
Questo il commento del portavoce del presidente, Manuel Adorni: “L’unica cosa che rimane da fare adesso è aspettare e assistere al suo definitivo crollo (alludendo all’inflazione, ndr). Per noi l’inflazione è una questione che dal punto di vista tecnico è conclusa perché abbiamo fatto tutto quello che c’era da fare per risolverla”.
Adorni ha snocciolato alcuni dati in merito: “Dal 25% mensile di dicembre 2023 (mese dell’insediamento del governo di Javier Milei) siamo passati al 20% a gennaio, al 13% a febbraio, all’8% ad aprile e al 4% a maggio e giugno. Ci aspettiamo di registrare nei prossimi mesi un’ulteriore riduzione significativa per arrivare finalmente all’inflazione zero che è quello a cui tutti aspiriamo”.
Le prospettive del governo per i prossimi mesi sono più rosee di quelle ipotizzate dalla Banca Centrale: secondo il governo, tra ottobre 2024 e gennaio 2025 si passerà a un tasso d’inflazione di poco superiore al 100% (secondo la Banca Centrale sarà circa del 125%). Tra ottobre 2025 e gennaio 2026 ci si attende un tasso inferiore al 25% (la BC ipotizza circa il 40%), mentre a dicembre 2026 si stima che l’inflazione sarà scesa fino al 10% (per la BC si aggirerà intorno al 20%).
È vero che in Argentina l’inflazione è in calo?
Dopo aver chiuso il 2023 con un tasso annuo di inflazione pari al 211,4%, pare che le misure radicali messe in campo dal governo Milei stiano sortendo i loro effetti, producendo un rallentamento dell’indice dei prezzi. Questo, come rilevato lo scorso giugno, rimane comunque attestato a livello interannuale al 271,5%.
Tuttavia, quest’anno è caratterizzato da una generale recessione economica, dal momento che per il 2024 è prevista una riduzione del PIL pari al 3,5%.
Parallelamente, nel Paese la povertà ha raggiunto livelli preoccupanti: stando all’Università Cattolica, quasi il 60% della popolazione vive in stato di povertà (era il 44% quando si insediò Milei, ndr).
La difficile situazione economica, comunque, sembra non incidere in modo significativo sugli indici di gradimento dell’attuale presidente, che si attestano attorno al 50%.
Giulia Bucelli